Blow Up Fanzine # 6 - (Italy)
November, 1996

blow up # 6

IDAHO "Three Sheets To The Wind" (Caroline)

Terza prova a lunga distanza per questi Idaho e le novità non mancano. Innanzitutto ci troviamo davanti un vero e proprio gruppo, infatti il buon Jeff Martin questa volta non fa tutto da solo come nel precedente This Way Out (1994 Quigley) ma prende in pianta stabile (così sembra) tre musicisti dell’area californiana: Mark Lewis (batteria, congas e tromba), Dan Seta (chitarre elettriche e acustiche) e Terrence Borden (basso). Ricordo a chi si fosse sintonizzato solo adesso che gli Idaho nascono come duo composto appunto dal già citato Martin e da John Berry, i quali si occupano di tutti gli strumenti con l’aiuto di qualche batterista occasionale (compare pure un certo Vince Signorelli, che qualcuno potrà confermarmi se è lo stesso degli Unsane!) e confezionano lo stupendo esordio Year After Year (1993 Quigley). L’acquisto dei tre componenti risulta molto efficace, sia dal punto di vista prettamente strumentale, sia da quello dell’intensità emotiva trasmessa, del feeling instaurato con Jeff Martin. Seta e Lewis avevano già in passato collaborato col mentore degli Idaho e quindi si trovano a proprio agio nel trattare ancora una volta le incantate melodie narcolettiche (mai nessun termine è stato così azzeccato per definire la loro arte!) che compongono Three Sheets To The Wind. Scorrendo i titoli sul lettore, si rimane stregati e colpiti da conturbanti episodi come Catapult, che inizia con un sorprendente basso - catapulta (!) che suona come un grunge fuori stagione per poi venirsene fuori con un ritornello squisitamente sofferto ("...there’s cotton in my eyes..."); il singolo pre - album Pomegranate Bleeding che si accende e si spegne come un’insegna al neon; Shame, dall’incerto incedere tipicamente moviolistico, un po’ Red House Painters, disegnato da piacevoli riverberi di feedback chitarristico; la sommessa e affascinante No Ones Watching, che fa breccia nell’animo in tutti i suoi 6 minuti e rotti;stesso discorso per la seguente Alive Again, flashback sonoro per voce e piano; A Sound Awake è pescata direttamente dai precedenti lavori, malata di solitudine e pervasa come tutti i suddetti pezzi da una vena decadente e romantica; i violini introducono Glass Bottom, eterea ballata cullata dalla chitarra acustica, preziosa nei suoi singoli passaggi, uno dei punti più alti del cd in questione. I ritmi proposti dagli Idaho sono notevolmente accelerati rispetto al passato, ma i momenti di rarefatta staticità rimangono sempre i più amabili. Un disco ovviamente non facile, da prendere con le dovute cautele e soprattutto a dosi controllate. Mai abusarne. Jeff Martin e il suo pop geografico: gusto naif e sapori così maledettamente magnetici. Questo Three Sheets To The Wind è un netto passo avanti rispetto all’insipido This Way Out, non troppo lontano dal seppur inarrivabile Year After Year. (7/8) (Riccardo Bandiera)

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