Scaruffi.com (Italy)

5 / 10
Al terzo disco, Three Sheets To The Wind (Caroline, 1996), gli Idaho diventano finalmente un complesso. Martin ha infatti assoldato tre musicisti fissi e concede loro spazio. Forse anche per questa ragione, o forse perche' Martin tenta di liberarsi dalle pastoie del "sadcore" che ha creato, il sound e` un po' meno torpido del solito, persino grunge in Catapult e Pomegranate Bleeding. Le canzoni sono anche piu` centrate. Invece di vagare in maniera piu` o meno casuale attorno al baricentro melodico, le armonie conservano una ragionata polifonia e uno svolgimento coerente. Con If You Dare la voce fumosa di Jeff Martin tenta la millesima imitazione di Nick Drake. La romanza per pianoforte di Alive Again lo propone in vesti piu` serie e meno lamentose. Shame mostra in quale gloria vanno a finire i salmi: la ballad disimpegnata, lievemente jazz. La canzone convenzionale non e` proprio il suo forte, comunque: qualunque complesso di rock alternativo puo` fare di meglio in questo campo. Martin ha bisogno di prendere la rincorsa, di distendersi con calma. La sua autentica vocazione e` la trenoda di cinque/sei minuti, tono disincantato, rintocchi scordati e passo narcotico: Stare At The Sky o No Ones Watching o A Sound Awake. Il problema e` che questi brani sono monocordi e non si fanno ricordare. L'album mostra tutti i limiti (come cantante, come chitarrista, come compositore e come arrangiatore) del personaggio.

Lodevole lo sforzo di promuovere le sue cantilene funeree a canzoni. C'e` un programma di riabilitazione e reintegrazione che si nasconde dietro le musiche e le liriche di questo disco. Se lo sfondo ideologico e` ancora quello della desolazione dei valori morali nell'urbe post-AIDS, il tono non e` piu` quello della decadenza irrefutabile e irreversibile, ma quello del rammarico di un adolescente che ha passato l'estate a guardare dalla finestra gli amici divertirsi sulla spiaggia.

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